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Colors: Orange Color

La prossima estate per la donna elegante, dal carattere deciso e sofisticato sarà firmata Ambìnca. La celebre capsule di costumi da bagno femminili, che porta la firma di Ema Mur, straordinaria attrice e top model, è stata presentata nel Salotto di Milano in corso Venzia al 7 con un favoloso cocktail organizzato per l’occasione.
 
Tante le personalità presenti, tra imprenditori, personaggi noti della moda e dello spettacolo: da Alvise Rigo a Cecilia Marchesi Marzorati, da Antonio Lorenzon alla giornalista Valentina Pagni, dal manager Alex Pacifico al celebre influencer Luca Gervasi.
 
Che dire di Ema Mur: la sua poliedrica vita professionale e artistica è continuamente abbonata al successo, e in costante crescita. Dopo le grandi soddisfazioni raggiunte sulle più importanti passerelle internazionali, sulle copertine dei fashion magazine più rinomati e i notevoli traguardi ottenuti sul grande e sul piccolo schermo, oggi per lei Ambìnca rappresenta una nuova sfida. Un nuovo percorso e un nuovo obbiettivo da raggiungere.
 
Ambìnca è stata fondata in Italia nel 2019 con la personale missione di Ema, di produrre costumi da bagno di lusso e di alta qualità. Abbigliamento da spiaggia e abbigliamento da resort capaci di esprimere l'intenzione di proteggere l'ambiente, realizzati con materiali interamente organici.
 
La collezione promuove il concetto di sostenibilità e l'orientamento allo stile di vita eco-compatibile, mentre si lavora contemporaneamente all'implementazione di varie iniziative per aiutare le organizzazioni senza scopo di lucro a favore delle comunità più bisognose.
 
Ambìnca ha un approccio distintivo che si riconosce dalle scelte del colore, alla trama e al motivo. Il team di designer ha la più alta esperienza nel campo della moda.
 
Ogni pezzo è realizzato con amore e rispetto per il pianeta, pur essendo interamente in sintonia con la natura.
 
Con la sua struttura tecnica, design e processi di produzione, questo brand è pronto a dipingere una nuova visone in tutta Europa: unire natura e innovazione in un solo stile. Lo stile di Ambìnca.
 

Trench dipinti a mano, giacche da uomo over-size destrutturate, bomber con maniche in lana pesante e camicie Ralph Loren con cravatte usate come cinte a mo’ di scalda cuore; questi sono alcuni capi del brand Y-I, fondato nel 2017 da Yekaterina Ivankova.

La designer nata in Kazakhistan, si è trasferita in Italia nel 2000 e dopo il diploma si è iscritta al corso di Fashion Design presso Polimoda di Firenze nel 2013.

Da sempre la sua più grande passione è l’Asia centrale, la sua cultura, i suoi profumi e i tessuti fatti a mano sono di grande ispirazione per lei; infatti è proprio da un viaggio in Asia, per conoscere la seta, che nasce la sua prima collezione.

La sostenibilità fa parte del brand, infatti, nelle sue collezioni sono presenti capi “reworked”, ovvero rielaborati, cambiandone la forma e i volumi partendo dai carta modelli. La collezione, che ha sfilato a gennaio all’evento Alta Roma ed esposta in uno stand a Show Case, è stata ispirata da un viaggio nel suo luogo di nascita, il Kazakhistan dei fine anni ’90.

I tranch e le giacche di jeans molto usati in quel periodo, cambiano la loro struttura e i volumi. Tutta la collezione è interamente realizzata con capi vintage originali, rielaborati.

«Con i capi presenti negli stock di tutto il mondo si potrebbe vestire l’intera popolazione mondiale per più di 50 anni» afferma la designer in un’intervista.

Gli stock sono articoli invenduti da diverso tempo o per la tendenza che li vede superati o per il prezzo troppo alto. Questi capi nuovi e mai indossati, per fortuna, sono in grado di accendere la creatività di designer che guardano alla sostenibilità del nostro pianeta.

Le loro creazioni infatti ci fanno capire e ci dimostrano che tutto può diventare “moda”, se visto con gli occhi giusti, ovvero quegli occhi che non badano solo alla bellezza o a ciò che va di tendenza, ma guardano a cosa potrebbe diventare quel capo rimasto invenduto e renderlo unico aiutando, in piccola parte, anche il nostro pianeta.

«Immagini nitide che si sovrappongono a ricordi sfocati, colori che si attenuano e lineamenti che non hanno subìto il passare del tempo. […] tutto ciò che è superfluo viene cancellato: come nei ricordi, resta soltanto ciò che più ci ha segnato.» Con queste parole il designer fiorentino Niccolò Chiuppesi racconta l’essenza del suo brand, BENNU, nato nel 2021 con un’intenzione precisa: recuperare dal passato per proteggere il futuro.

L'obbiettivo del marchio è infatti quello di ricercare e recuperare capi vintage da magazzini o stock invenduti, reinterpretandoli e dandogli nuova vita attraverso nuovi racconti. Ai capi recuperati si aggiunge una parte di accessori e bottoni provenienti da campionari che vanno dagli anni ’30 agli anni ’60. Tutte le lavorazioni sono realizzate a mano all’interno di laboratori sartoriali fiorentini.

La nuova vita che viene concessa a questi pezzi non fa altro che sottolineare la ciclicità su cui si basa l’identità del brand, ribadita sottilmente dal nome stesso: il nome BENNU infatti deriva dalla mitologia egizia, e fa riferimento ad un uccello mitologico, simbolo della nascita e della risurrezione dopo la morte, quindi, dell'eternità della vita.

In occasione di AltaRoma, BENNU ha presentato la sua prima collezione vera e propria, intitolata “La Vita Amara”, il cui nome anticipa il riferimento a “La Vita Agra”, romanzo di Luciano Bianciardi interpretato dal designer come un grido di protesta al consumismo sfrenato della società contemporanea.

Oltre all’opera di Bianciardi, il concept alla base della collezione è fortemente influenzato dal lavoro di Boccaccio prima e Pasolini poi sul Decameron, raccontato come un desiderio di evadere dalla realtà post pandemica o, nel caso del Decameron, durante una pandemia, per avere la possibilità di dedicarsi alla ricerca di un mondo nuovo, lontano dalle imposizioni sociali.

La collezione sembra provenire da un armadio d’altri tempi, dove capi di maglieria, colori tenui, pattern classici e grandi colletti bianchi si uniscono e mescolano, e grazie all’intuizione del designer danno vita ad un lavoro attento, delicato ed estremamente contemporaneo.

Cucite sui capi, inoltre, si trovano tre frasi ricorrenti che hanno rappresentato e rappresentano il modo di vivere del designer, come dei suggerimenti che l’hanno guidato nella vita, ma anche durante la creazione del progetto:

“Teatrale vitale”, tratto da “Ecce Bombo”, film di Nanni Moretti, che vuole esprimere un nuovo modo di affrontare la vita, contrapponendosi ad una tristezza profonda; “Estetica anestetica”, un verso tratto dalla canzone “I Provinciali” dei Baustelle, che ha segnato il suo trascorso; e infine “Backstage”, una parola che associa fortemente al concetto del ricordo, utilizzata per indicare quei momenti in cui ha avuto la sensazione di stare vivendo come dietro le quinte del suo stesso futuro.

La tematica del ricordo è fondamentale, e viene ricreata all’interno della collezione anche attraverso la presenza sui capi di fotografie analogiche, frutto di collaborazioni con fotografi e fotografe che condividono la visione del brand.

Il progetto vuole essere come un inno alla vita, una vita che sia libera dal consumismo come costrizione sociale, e dal desiderio di conformarsi per essere accettati come parte della società.

Oltre a “La Vita Amara”, BENNU manda avanti il progetto “One-of-a-Kind”, una linea di pezzi unici rilasciata a cadenza mensile, anche essi frutto della rielaborazione di capi recuperati.

Prima dell’esperienza ad AltaRoma, durante il 2022 il brand è stato ospite alla Milano Fashion Week, dove è stato selezionato da Camera Nazionale della Moda Italiana come Designer for the Planet, e a Firenze, in occasione dell’edizione 102 di Pitti Uomo, dove ha partecipato per la sezione S/Style - Sustainable Style, un’area dedicata a designer che applicano alla loro creatività una filosofia sostenibile e responsabile.

Per il futuro BENNU si promette di continuare a raccontare la sua filosofia dello slow living e i suoi valori, cercando di raggiungere con la sua cura e gentilezza un pubblico sempre più ampio con cui condividere questo percorso, rimanendo sempre fedele a sé stesso.

E’ marchigiano, il vincitore del concorso nazionale di bellezza maschile “Il + Bello D’Italia”. Alessandro Verdolini, 28 anni, occhi azzurri, fisico atletico, alto 1.87 cm è riuscito a salire sul podio più alto della celebre manifestazione organizzata da Silvio Fasano e ideata nel 1979 da lui e dal fratello Antonio Fasano. Con il supporto dell’artista torinese Rudy Valli. “Il + Bello D’Italia” è tornato dopo 27 ad Alassio, la località ligure che lo aveva tenuto a battesimo negli anni 70, riscuotendo un indubbio successo di pubblico.

Alessandro Verdolini, di professione Dj, laureato in scienze della comunicazione, non è nuovissimo al palcoscenico. Nel 2021 infatti ha preso parte alla trasmissione televisiva “Uomini e Donne” su Canale 5 nel ruolo di corteggiatore e nel 2022 è stato il protagonista maschile del videoclip “Bottiglie D’Assenzio” dei rapper romani China e Alexx La Bay. Oltre che brand ambassador della linea di costumi Cool Factory.

La giuria non ha avuto dubbi: è lui nuovo “re” d’Italia, con scettro e corona che negli anni erano stati indossati anche da personaggi della tv e dello spettacolo e del cinema oggi molto famosi come Gabriel Garko, Beppe Convertini, Ettore Bassi, Raffaello Balzo. Va ricordato che la passerella de “Il + Bello D’Italia” è stata anche calcata da tanti altri volti celebri: da Paolo Conticini, a Luca Canonico, a Giorgio Mastrotta, a Valerio Zelli (componente musicale del gruppo O.R.O.), ad Enrico Mutti e così via.

Le altre fasce sono: “Il + Bello per la Fotogenia” è Antonio Amodeo, anni 19 di Anguillara (Roma), “Il + Bello per il Cinema” è Riccardo Mulas, anni 23 di Valenza (Alessandria), “Il + Bello per la Tv” è Mario Praticò, 31 anni di Crotone, “Il + Bello per la Moda” è Jonathan Panzeri, anni 19 di Bergamo, “Il + Bello per lo Sport” è Stefano Berton, anni 30 di Torino, “Il Talento + Bello D’Italia” Premio Speciale Antonio Fasano è Francesco Giugno, anni 18 di Palo Del Colle (Bari), “L’uomo Ideale D’Italia” è Nicolò Di Tullio, 28 anni di Genova.

La serata finale, svoltasi in piazza dei Partigiani di Alassio, è stata presentata dalla giornalista televisiva Rai, Cristina Carbotti, affiancata dalla collega Renata Cantamessa la nota "Fata Zucchina" giornalista e divulgatrice agroalimentare.

La Giuria tutta al femminile era composta da: la medium Teodora Stefanova (Presidente), Miss Inverno Arianna Caputo, Miss Muretto 2012 Beatrice Bertolino, l'Air Stylist Giorgia Fontanetta, la Consigliera Comunale di Alassio Cinzia Salerno, l'Avv. Margherita Gallo e Isabella Saladino Miss Senza Trucco.

Sul palco, vip come il giornalista ed esperto di cucina Edoardo Raspelli, il comico di fama nazionale Marco Carena, volti televisivi come Simone Sfriso (Simon) e Neiva.

Un profilo, un corpo, epifanica apparizione che traspare attraverso le velature di matrice veneziana: è questa la poetica sognante, a tratti di ascendenza preraffaellesca, dell’artista trevisana Betty Vivian, che il 27 agosto prossimo, alla 59^ Biennale D’Arte di Venezia, nel Padiglione Nazionale Grenada (sestiere di Castello, via Garibaldi 1814, aperto dalle 11:00 alle 19:00, ingresso libero), terrà la sinossi dell’opera “Anya Duna, maternità”. Olio su tela 70x100 del 2019, un’opera ispirata al "Bel Danubio blu" in occasione della Biennale di Budapest, parla di maternità, di sogni che hanno il sopravvento sulle paure e sulle incertezze della barca traballante della vita, che infine va avanti nonostante tutto, sulla lenta e profonda corrente del fiume blu.

La sinossi sarà curata dal critico d’arte Prof. Siro PERIN, con lo scopo di illustrare l’opera al pubblico internazionale in visita al Padiglione, in modo da offrire una visione d’insieme dell’opera stessa e dell’artista (dal greco [syn] significa “con”, “insieme” e [òpsis] significa “occhio” e “vista”. Quindi “visione d’insieme”).

Vivian, artista con un profondo legame con il Brasile, terra che l’ha ospitata per lunghi anni e che irrompe nelle sue coloratissime tele con la tradizionale dicotomia saudade/allegria, qui interpreta la maternità come culla di inclusione e certezza di accoglienza, conquistata serenità dopo la tempesta emotiva che segue ad eventi imprevedibili, che sempre mettono alla prova l’essere umano, e l’incertezza della vita futura.

«I paesaggi e le ambientazioni oniriche di Betty Vivian – spiega DANIELE RADINI TEDESCHI – trasportano l’osservatore nella dimensione del viaggio verso mete lontane, tra foreste lussureggianti e specchi d’acqua limpida. Usando come strumenti la pittura a olio e l’acquerello, Vivian dipinge brani del suo passato, trasferendo su tela le sensazioni e le emozioni vissute a contatto con persone e luoghi a cui dimostra, nel profondo, di appartenere», dove proprio l’acqua è l’elemento naturale di maggiore ispirazione per il suo valore simbolico e la sua capacità di rappresentare il nostro eterno divenire, quel movimento necessario all’emozione, perfettamente colti dall’artista.

«La trascrizione delle emozioni e dei sentimenti che l’artista prova nei luoghi ha qualcosa di familiare: nonostante la sua cifra sia originale – scrive di lei VITTORIO SGARBI – non è una paesaggista tradizionale, riesce a comunicarci qualcosa che è già dentro di noi. La maturità della sua ricerca è dunque una felicità espressiva immediata, in cui non è necessario premeditare l’immagine, ma questa nasce naturalmente come un’espansione, come un prolungamento del proprio corpo e delle proprie emozioni”.

La tecnica utilizzata è materica, le pennellate sono pastose e dense, successivamente il colore viene esteso e diluito diventando fluido, le forme si dissolvono per diventare un amalgama cromatico che sfiora l’astrattismo. La pennellata risulta così molto libera grazie al minimo riferimento a forme reali, sembra che l’autrice si lasci guidare dal puro piacere di spalmare colori sulla tela.

L'artista si esprime soprattutto con la pittura ad olio e con l’acquerello, prediligendo soggetti formali e ambientazioni paesaggistiche a cui affida il compito di esprimere, attraverso ricorrenti simbolismi, il suo ricco vissuto di emozioni. Le sue opere sono rappresentate da colori vivi, trasparenti, quasi liquidi, e da caratteristiche colature che l’artista sfrutta e controlla con maestria.

Il paesaggio (soprattutto tropicale) è usato come pretesto per trasmettere alcune metafore care all’artista, così che gli immancabili e quasi trasparenti soggetti umani rappresentati vengono immersi in atmosfere fantastiche, oniriche: qui le figure si insinuano silenziose e vagano solo apparentemente senza un ruolo preciso, sempre attirando lo sguardo dello spettatore.

Back to basic. La filosofia “less is more” è di nuovo di tendenza, e privilegia tagli minimal per capi però fatti a regola d’arte. Così nasce la collezione cotoneultrafresh di intimissimi, 100% naturale e dalla texture extrafine, resistente e inalterabile nel tempo e straordinariamente fresca.

Torna prepotentemente à la page la T-shirt, capo casual per eccellenza, che sulle passerelle ha assunto le forme più disparate.
Intimissimi allora le propone in salsa Nineties, morbide e oversize, che vanno a controbilanciare le classiche slim fit già in collezione. Rivoluziona le maniche di quelle girocollo, scegliendo fluidi tagli kimono. Struttura la silhouette di quelle boxy. Non rinuncia al bon chic puntando su scolli a barchetta. Esalta la femminilità grazie a sapienti scolli a V e canotte.

La campagna della collezione cotoneultrafresh intimissimi è ambientata tra le pareti bianche di una meravigliosa masseria in Puglia, circondata da fichi d’India sotto il sole caldo del sud Italia.

Non va però dimenticato anche l’Invisible Cotton, la nuova linea in 100% cotone impalpabile, leggero e soffice. Tre i pezzi tra i quali scegliere, ciascuno disponibile in sei colori, ideali per essere utilizzati da soli o in sovrapposizione. Ci sono la canotta, must della collezione da indossare come una seconda pelle, la t-shirt a maniche lunghe della stessa linea con uno scollo molto ampio e un cardigan scaldacuore col quale giocare per creare diversi look.


Fin dalla sua fondazione intimissimi si è distinto non solo per la qualità e la bellezza dei propri capi, ma anche per il profondo controllo della filiera produttiva. Il 94% degli articoli presenti nei negozi intimissimi, infatti, è prodotto in fabbriche di proprietà in Italia e all’estero. Questa decisione consente la gestione coordinata della produzione con le altre fasi della filiera, la dedizione totale alle esigenze del brand e l’eliminazione degli intermediari.