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Nel primo di questi articoli, avente come soggetto il mondo degli eventi, è stato espresso un moto di speranza per un settore che è stato tra i primi ad aver risentito del lockdown.
In questi articoli affronteremo, per ogni appuntamento, un argomento specifico con la sintesi di colloqui effettuati con esperti e professionisti del settore, per avere un quadro il più veritiero ed obbiettivo possibile di quello che sta accadendo.

L’organizzazione di eventi live ha subito una brusca ed improvvisa frenata con il lockdown su tutto il territorio italiano. Un blocco che ha inceppato a catena anche tutti i fornitori che collaborano con le agenzie (Hotel, Agenzie di Viaggio, Catering, Service di Tecnica, ecc…)
Già da tempo questa articolata realtà aveva bisogno di un urgente restyling per sopravvivere nel veloce mondo in cui ci troviamo a vivere. Tale fattore esterno, per quanto negativo, potrà essere la scusa per cambiare alcune dinamiche ormai obsolete con cui ci troviamo a combattere quotidianamente.

Nostra ospite in questo appuntamento è stata Vanessa Fulvio, Responsabile Commerciale di Casta Diva Events Italia e Managing Director della sede romana.

Quali potrebbero essere i sostanziali cambiamenti di cui si ha bisogno?

I convegni, nei limiti del possibile, non si sono fermati, anche grazie alle piattaforme virtuali. Qui i relatori ed il moderatore, insieme agli ospiti, partecipano all’evento attraverso uno schermo.
I mesi di maggio e giugno, per questo mondo, sono considerati “caldi” poiché quotidianamente pieni di eventi di ogni tipo. Essere riusciti a tamponare in questo modo è una sopravvivenza momentanea, ma non potrà essere, in futuro, la soluzione. Pensiamo solo a quanti, in questa limitata realtà virtuale non sono stati considerati: catering, location, alberghi, transfer…
L’importanza dell’evento dal vivo è sotto gli occhi di tutti. La comunicazione visiva e la presenza, anche se solo da un palco, trasmette alla platea quello che uno schermo non potrà mai sostituire.

Una Soluzione?

“Eventi Ibridi”. Una sorta di via di mezzo per cui avremo una platea dal vivo ma anche una virtuale, il che permetterebbe a tutti di partecipare sia dal vivo che da remoto. Quest’ultima parte potrebbe presenziare “da remoto”, seguendo direttamente da ovunque si trovi.
Belle le convention con 3.000 persone, ma bisogna dare la possibilità di vivere l’emozione di una manifestazione anche a chi non può farlo e sicuramente certi costi sono diventati inutili in momenti come questo. Questo tipo di organizzazione potrebbe essere uno spiraglio di luce.

Quali saranno le agenzie che sopravviveranno a questo periodo?

Passeranno incolumi questo periodo le realtà che saranno state in grado di adeguarsi con un prodotto diversificato: una comunicazione adeguata al periodo, ad esempio. Casta Diva produce anche spot ed in questo momento storico questa forma di comunicazione è stata considerata “bene primario” insieme alle telecomunicazioni e al comparto alimentare.
Casta Diva ha organizzato per Huawei un concerto con circa 120 mila spettatori virtuali. Adeguarsi, in questo caso, credo sia un pallido eufemismo.

Quando possiamo prevedere una ripresa?

Non ci prendiamo in giro… il colpo è stato pesante, l’anno chiuderà con almeno un -50% per questo comparto. Le aziende investiranno di meno e ridurranno il budget ed era prevedibile. Forse, però, la luce in fondo al tunnel sarà data dagli investimenti che verranno fatti in tecnologia. Impareremo a fare delle convention più corte in termini di tempo e gestite in maniera più funzionale.

 

Da questo incontro, anch’esso virtuale, è scaturito un bel dialogo; il mondo degli eventi sta finalmente cominciando a cambiare il suo modus operandi.       

Scrivere degli altri, della loro professione e dei loro progetti è per me un’attività abituale; un po’ meno è il fatto di scrivere di me stessa.
 
Oggi, però, desidero farlo perché Accademia del Lusso, scuola della quale sono docente (orgogliosamente, aggiungo), mi ha chiesto di raccontare in cosa consistono i miei corsi: per farlo al meglio, ho pensato di partire raccontando appunto qualcosa di me e del mio percorso professionale.

"Un ricordo molto nitido che mi strappa sempre un sorriso è stato quando mia nonna mi regalò una cartellina di colore blu che conteneva tutti gli accessori per il ricamo ed io inizi a cucire con lei, in Agosto, su un balcone di Roma." Arianna Di Lembo, 40 anni, ci racconta della sua eterna passione per la moda diventata una professione a 360 gradi, che la vede impegnata tra teatro, cinema, sfilate ed insegnamento.

Qual è stato il tuo percorso accademico?

Come percorso accademico io intendo la formazione professionale  aldilà delle certificazioni, penso sia molto più importante l'esperienza. Il mio, ad esempio, è iniziato quando avevo quattro anni, vengo da una famiglia di sarte e già da bambina mi ritrovavo a giocare tra stoffe e i ricami.  Inteso nella forma tradizionale non l'ho infatti intrapreso. Nel 98', quando ero ancora alle superiori c'era un sistema scolastico chiamato terziaria che permetteva ai giovani di affacciarsi al mondo del lavoro. Proprio in quell'occasione conobbi uno stilista spagnolo, molto creativo, che mi prese a lavorare con lui per quattro anni. Dopo questo intenso periodo di formazione avevo però esigenza di certificare quello che sapevo fare e quindi tutti i diplomi e i vari corsi, ad esempio quello per taglio storico, sono arrivati dopo. Vado molto fiera dell'ultimo master a cui ho preso parte , grazie al quale mi sono confrontata con dei costumisti di fama internazionale  tra cui il premio oscar Gabriella Pescucci, Carlo Poggioli e poi Alberto Spiazzi, al quale mi capita spesso di fare da assistente.

Ti dividi tra teatro e cinema, quale ambito preferisci?

Ho lavorato a teatro per tanti anni, solo una volta  aver conseguito il diploma nel 2017 all' A.S.C (Associazione  Italiana Scenografi, Costumisti e Arredatori) ho iniziato a muovere i primi passi sui set cinematografici. In totale onestà devo dire che questi primi passi  non li ho sentiti totalmente miei. Adoro il teatro, amo l'odore di quel meraviglioso spazio, uno spazio che si trasforma in realtà differenti in pochi attimi, amo lo scricchiolio del palco e le luci che danno calore, amo anche il silenzio, mi emoziona e mi commuove. L'esperienza teatrale è sicuramente quella che preferisco ma è la meno proficua. il teatro è povero, non lascia spazio a tutti e si lavora poco e niente, soprattutto nei teatri minori. Non odio lavorare nel cinema, sia ben chiaro, è solo che non mi dà le stesse emozioni.

Oltre ad essere una sarta sei anche una stilista e da due anni hai deciso di dedicarti alle sfilate, perché questo cambio di rotta?

Lo stilista che mi ha formata faceva moda ma con un  retrogusto di costume. In quel periodo  ho iniziato a partecipare alle prime sfilate da assistente. Il fatto è che io adoro tutto ciò che si può toccare e modellare con la stoffa, che si tratti di costume o alta moda, sono cose diverse ma che viaggiano parallelamente. Questo cambio di rotta è stato un caso. Hanno iniziato ad invitare me e i miei abiti a partecipare alle  sfilate.  In questi ultimi due anni ho ripreso a sfilare  dopo tanto tempo, ma questa volta da protagonista. Mi lusinga essere richiesta e mi elettrizza l'idea di sottoporre allo spettatore lo story telling della mia collezione, ho qualcosa da raccontare e voglio essere ascoltata!

Il tuo stile Gotico Dark Chic è inconfondibile, in che modo ti rappresenta?

Come ho detto prima le mie non sono semplici sfilate ma performance durante le quali mi rivolgo spesso alle donne vittime di violenza, perché purtroppo so cosa vuol dire.  Il nero è un colore che mi ha sempre accompagnata perché nel buio c'è più serenità e silenzio rispetto alla luce e al rumore del giorno. La mia concezione di dark si allontana dagli estremismi punk, emo o heavy. Lo vedo sotto una chiave molto più elegante e sofisticata, come un luogo dove risiedono tutti i colori, le speranze, i sogni e che mi rappresenta appieno.

Sei anche docente di sartoria e modellistica, è un lavoro che ti soddisfa?

Molto. L'insegnamento è qualcosa che mi viene spontaneo, ancora oggi ho allievi che mi chiedono consigli e pareri a distanza di anni. Mi piacciono il contatto e la comunicazione costruttiva perché penso che dagli incontri e dallo scambio possano nascere delle cose belle e io sono una fan delle cose belle. Insegnare, trasmettere, formare non è solo una cosa che fa crescere l'altro, si cresce insieme e con soddisfazione.

Credi ci sia attenzione in Italia a livello istituzionale nel promuovere questo mestiere?

In Italia viviamo  di rendita, siamo eredi del made in Italy, dei grandi artisti e degli artigiani. Con il tempo ci siamo imbastarditi, l'artigianato è in calo, e non perché non voglia esistere, semplicemente la moda viaggia veloce e l'artigiano ha spazi e tempi non adatti. Non posso dire che non ci sia attenzione a livello istituzionale, i corsi di formazione sono tanti e di vario genere, molti però non sono alla portata di tutti  e non permettono a chi ha talento di emergere. Lo stato dovrebbe tutelare di più i talenti nascosti o costretti a rinunciare, dovrebbero esserci molte più possibilità. E' una frase fatta ma le cose non sono più come una volta, bisognerebbe ricominciare da capo, iniziare dalla formazione.

Cosa hai in cantiere? Quali sono i tuoi progetti futuri?

La situazione che stiamo vivendo oggi non mi da molto spazio per pensare al futuro. Un progetto che seguo ora è quello di cucire le mascherine per le persone e gli ospedali, a titolo gratuito. Tutte le sfilate, i concorsi e gli shooting che avevo in agenda sono ovviamente saltati. Ho un sogno nel cassetto però! Quello di poter creare opportunità attraverso delle associazioni  per le donne vittime di violenza domestica, formarle nella sartoria e dare loro la possibilità di creare un'impresa, ecco questo è un progetto che vorrei riuscire a realizzare.

Il 26 marzo arriva “Beyond The Illusion”, l’ultimo sforzo creativo del musicista italiano Stefano Panunzi (membro dei Fjieri). Conosciuto per il sound Art Rock, a metà strada tra l'eleganza di David Sylvian, Talk Talk e No-Man e la sensibilità rock di Pink Floyd e Porcupine Tree, Panunzi ha dato vita a 12 tracce che sono state registrate con l’aiuto di altri grandi musicisti. Nel nuovo album compaiono: Monica Canfora, Nicola Lori, Tim Bowness, Cristiano Capobianco, Lorenzo Feliciati, Fabio Fraschini, Ivan Ricchiuto, Luca Calabrese, Mike Applebaum, Mike Bearpark, Yuri Crescenko, Davide Alivernini, Gavin Harrison e Dario Vero. 
 
Nel suo ultimo lavoro abbiamo visto sonorità legate a quel contemporaneo classicismo a cui appartengono quei musicisti che si muovono trasversalmente fra elettronica/jazz/ambient/new-wave/sperimentazione/rock-psichedelico/canzone d’autore. 
 
 Se volete essere tra i primi ad ascoltare i nuovi brani potete andare su questo link per acquistare l’album.
 
 
Ecco i brani del nuovo album:
 
1. When even love cannot
2. The awakening
3. The bitter taste of your smile
4. Acid love
5. I go deeper
6. Mystical tree
7. The bench
8. Her
9. We are not just what we are
10. The portrait
11. The doubt
12. I am!
 
 

Mercoledì 16 ottobre, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Anno Accademico 2019/20, Accademia del Lusso ha avuto il piacere e l’onore di ospitare Mario Dice, stilista di grande talento e fondatore dell’omonimo brand.

 
Senza dubbio, Mario è stato l’ospite perfetto per inaugurare l’anno visto che, prima di dare vita alla sua Maison, ha fatto un percorso di tutto rispetto basato su collaborazioni di alto profilo; ha dunque potuto testimoniare come e quanto sia importante mantenere sempre viva la fame di conoscenza, la curiosità intellettuale, la voglia di crescere e migliorare.

Il mercato del lusso cinese crescerà di oltre il 40% entro il 2024. Attualmente circa il 32% del fatturato mondiale del settore dei prodotti d’alta gamma passa per la Cina. Stando ai dati rilasciati da BCG significa che nei prossimi anni, la Cina rappresenterà circa il 70% del mercato mondiale del lusso.

I dati hanno evidenziato anche altri interessanti spunti di riflessione: i millennials guidano il settore del lusso e l’e-commerce è una tappa fondamentale per entrare nel mercato del gigante asiatico

Oggi i “millennials” cinesi sono il segmento demografico più importante del pianeta. Un esercito di 400 milioni di persone che hanno in mano le sorti del mercato.  Ma cosa li contraddistingue? Chi sono e soprattutto, perché la lente d’ingrandimento dell’economia è puntata tutta su di loro? Si tratta della generazione nata a cavallo tra gli inizi degli anni 90 e 2000, hanno tra i 20 e 30 anni e rappresentano quasi un terzo della popolazione cinese. 

Questi millennials sono il cavallo di traino della Cina 2.0, di un Paese che si sta modernizzando divenendo un polo high-tech di prim’ordine sul palcoscenico internazionale. Indipendenti e curiosi del mondo, ma con il cuore rivolto verso la mainland cinese.

Quasi la totalità di loro possiede uno smartphone, anche di ultimissima generazione, nonché casa ed auto. Sempre connessi al “villaggio globale”, gran parte delle loro vite ruota intorno alla rete: amicizie, divertimenti persino il lavoro è incentrato sul web.

Non è quindi un caso che il report di BCG sottolinei come oltre il 50% degli acquisti nel settore dei prodotti d’alta gamma sia avvenuto online, tramite un tablet o altro dispositivo mobile.

Un dato che non sorprende se prendiamo in considerazione che le recenti previsioni stimano che nel 2018 gli introiti derivati dal cross-border e-commerce raggiungeranno quota 1.4 trilioni di dollari. Circa il 40% del traffico e-commerce globale passerà per il Dragone.

Avere una buona strategia di web-marketing può essere fondamentale in un mercato vasto come quello cinese. Anche il Dragone ha i suoi “Chiara Ferragni”, personaggi come Gogoboy o Mr. Bags sono seguitissimi sui social, ma basta tutto questo?

Arruolare degli opinion leader con milioni e milioni di follower è come giocare sul sicuro, così come è più facile per la casa gestire la comunicazione tra il KOL ed i loro follower.

Una strategia che fino ad oggi ha funzionato. Tuttavia, c’è un aspetto negativo che non prende in considerazione un aspetto molto importante: la saturazione del panorama social della Cina.

Paradossalmente, allo stato attuale, i marchi rischiano di perdere la possibilità di stabilire una reale ed autentica connessione con il pubblico. Così come quella fiducia tra consumatore e produttore. Da non sottovalutare, inoltre, il rischio del calo di popolarità e credibilità dei KOL stessi.

Se quest’ultimi lavorano in contemporanea con più marchi, dove sta quel senso di esclusività che i brand di lusso vogliono trasmettere? C’è anche il potenziale problema di della troppa sovraesposizione degli influencer che, leggendo sul web cinese, vengono a volte paragonati a mercenari.

Il panorama digitale cinese è decisamente eterogeneo. Tuttavia è possibile stilare un elenco di categorie e nomi di nuovi KOL, che esulano dalla tradizionale blogosfera della moda. Tutti influencer in ascesa, che cominciano ad essere corteggiati dalle più importanti maison che rispecchiano meglio la Cina 2.0 guidata dai millennials.

In Cina vi è una riscoperta culturale che si riflette anche sui consumi. Se i brand occidentali sembrano non accorgersi, oramai i marchi cinesi di qualità stanno adattando prodotti e marketing utilizzando il patrimonio culturale del Dragone stesso.

Oramai per avere successo sul mercato cinese le strategie tradizionali non bastano. Contare solo sulla fama del marchio è ormai riduttivo. Costruire una conoscenza più approfondita della cultura e della storia cinese è altresì importante. Uno sfondo culturale superficiale non solo non avrà successo, ma potrebbe anche far sì che i millennials si prendano gioco dei marchi stessi sul web. Un vero boomerang in fatto di marketing.

Ed è ciò che sta avvenendo attualmente sui social del Dragone. Come consuetudine i principali marchi di lusso, per il Capodanno Cinese appena passato, hanno lanciato abiti, scarpe, trucchi e molto altro con l’effige di un cane. Alcuni graditi, ma molti dei risultati sono stati fortemente osteggiati sul web.

Tante le voci contrarie. I millennials non si vogliono identificare come 土豪 (tuhao) termine che letteralmente significa “patata arricchita” ed indica i nuovi ricchi senza cultura.  C’è bisogno quindi di una conoscenza più precisa e profonda, che non deve necessariamente accondiscendere i millennials, ma li può aiutare a esplorare ulteriormente la cultura cinese.

Rianimare arti e mestieri antichi con l’aiuto di esperti e designer locali, è anche una via da percorrere. Le generazioni cinesi più giovani stanno appena iniziando a scavare nella loro cultura tradizionale, e sono ansiose di scoprire di più.

I marchi del lusso straniero possono sostenere questa rinascita culturale in atto finanziando, ad esempio, programmi culturali, o sviluppando prodotti specifici che possano coinvolgere le eccellenze artigianali locali di qualità, attingendo così al loro specifico know-how.